Le 13 Confessioni di Caye Casas
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Grazie mille per aver accettato questa intervista, soprattutto in un periodo così impegnativo. Puoi raccontarci qualcosa di te. Da dove nasce la sua passione per il cinema e come è nato il desiderio di dedicarti alla settima arte?
Ero un pessimo studente e sono stato persino espulso da scuola perché non mi piaceva studiare. Invece di fare i compiti, preferivo scrivere e raccontare le mie storie. All'inizio disegnavo fumetti, ma la mia vera passione era il cinema. Guardavo molti film e non perdevo nessuna anteprima, così ho iniziato a realizzare cortometraggi "caserecci", con mia madre o alcuni amici come attori. Mi divertivo così tanto che ho capito che il mio vero desiderio nella vita era fare film.
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Inevitabile non parlare de "La Mesita del Comedor". Fin dalla sua uscita ha suscitato molto interesse. Ti aspettavi tutto questo clamore? E come stai affrontando tutta questa attenzione sia a livello personale che artistico?
“La Mesita del Comedor” è un film indipendente, a basso budget e girato in soli 10 giorni. Di solito questo tipo di film, non attirano l’attenzione del pubblico e subiscono la discriminazione del marketing, rendendo difficile la loro distribuzione nelle sale e di conseguenza ad arrivare ad un pubblico più ampio. Ma noi sapevano di avere tra le mani una storia potentissima e che se fossimo riusciti a portarla al grande pubblico, avrebbe generato molto scalpore.
L’inizio non è stato semplice, abbiamo dovuto affrontare molti ostacoli, sopratutto da
persone molto importanti dell'industria cinematografica spagnola che mi dicevano che “il film non avrebbe dovuto esistere”. Ma poi tutto è cambiato, il film ha iniziato a girare nei circuiti dei festival e a vincere diversi premi, e così è diventato il film di genere più premiato dell'anno e poi è arrivato Stephen King a promuoverlo, dando grande notorietà alla pellicola, portandoci a realizzare il nostro sogno.
Ora molte persone vogliono incontrarmi, fare interviste e sapere quali sono i miei prossimi progetti; È un periodo molto impegnativo, ma che mi sta regalando grandi soddisfazioni. Credo che tutti coloro che hanno collaborato a questo progetto si meritino questo enorme successo.
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La premessa del film non fornisce alcuna anticipazione su ciò che accadrà al suo interno. Il trailer e le recensioni sembrano suggerire una direzione che si rivela invece completamente diversa. Personalmente, ho trovato questa scelta estremamente innovativa ed efficace nel suscitare curiosità e nel lasciare lo spettatore con un senso di incredulità per quanto appena visto. È stata una scelta intenzionale o necessaria per evitare lo spoiler?
Volevamo mostrare il meno possibile, credo che meno si sappia di un film e più il pubblico riuscirà a godersi l’esperienza. Nel trailer non si capisce esattamente di cosa si tratta. Anche il titolo è molto fuorviante, è un titolo innocuo che nasconde una storia molto crudele. Volevamo sorprendere il pubblico, e scioccarlo durante la visione e oltre.
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La storia principale si intreccia con una sotto-trama altrettanto inquietante - quella con la ragazzina. Che nesso ha questa storia con la narrazione principale?
Il problema con la ragazzina è qualcosa di estremamente inquietante, ciò che il protagonista "vive con lei" è orribile, ma quello che volevamo trasmettere è che quando le cose sembrano andare male, molto spesso possono andare anche peggio, ed è quello che succede nel film. Hai un problema enorme con la tua vicina di casa 13enne, ma poi se ne presenta un’altro molto, ma molto più grave da mettere in ombra il precedente. Questa era l'idea: quando qualcosa va storto può solo peggiorare.
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Perché i film europei faticano tanto ad essere distribuiti nel nostro continente, mentre riescono a raggiungere più velocemente riconoscimenti e distribuzione negli Stati Uniti?
Per molte ragioni, nel mio caso si tratta di soldi. Faccio film senza budget e per di più con temi assai scomodi e rischiosi, senza attori famosi e senza grandi case di produzione a sostenermi. Il mondo del cinema è complicato e i piccoli film come il mio sono più difficili da sponsorizzare. Anche se devo dire che il paese con cui ho avuto più difficoltà per la distribuzione de “La Mesita del Comedor” è stato proprio la Spagna.
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Il film è un intricato gioco psicologico che manipola sapientemente la tensione nello spettatore, mescolando elementi tipici del cinema horror. Tuttavia, si distingue come un'opera raffinata, capace di metterci alla prova, come nel casi di titoli come "When Evil Lurks" o "Speak No Evil". Cosa ti affascina di questo genere e quali emozioni vorresti suscitare nel pubblico durante la visione dei tuoi film?
Sia come spettatore che come regista, voglio provare emozioni forti. Se vado a vedere un’horror, voglio soffrire, divertirmi e sentirmi a disagio. Ed è proprio questo mix di sensazioni che che voglio trasmettere con i miei film. Necessito che lo spettatore osservi e viva una storia che li faccia vivere un'esperienza unica e disturbante. Chi ha visto “La Mesaita del Comedor” - che sia piaciuto o meno - ha sicuramente vissuto un’esperienza che difficilmente dimenticherà.
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Qual'è la più grande differenza nel realizzare un cortometraggio rispetto ad un lungometraggio in termini di sceneggiatura e realizzazione?
La differenza più grande è la lunghezza della storia e il denaro necessario per produrla. Per il resto, è tutto più o meno uguale - almeno per me.
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Nel cinema horror contemporaneo, è sempre più presente la tendenza a rappresentare il disagio e l'abuso che si consuma all'interno delle mura domestiche, un tema già presente nel tuo precedente film "Matar a Dios" e nei cortometraggi "Rip" e "Nada S.A.". Credi ci sia una necessità sociale del cinema nel raccontare ciò che succede all'interno dell'ambito famigliare, come causa primaria del disagio individuale?
Non lo so. Per quanto mi riguarda mi piace ritrarre l'orrore quotidiano, senza artifici, anche con un punto di vista filosofico misto al mio particolare black humour. È un pò come se fosse il mio marchio di fabbrica. Mi piace pensare di avere uno stile personale quando porto un progetto sul grande schermo, e di mostrare le mie paure verso la morte e del tempo che passa. Ed è chiaro che le storie di famiglie possano essere spettacolarizzate perché ci si può facilmente identificare con esse.
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Nei film horror, e non solo, i bambini vengono spesso rappresentati in due modi: come vittime o come carnefici. Negli ultimi anni, però, si è diffusa sempre di più l’immagine del bambino come portatore del male nel mondo. Questa metafora è sia disturbante, ma anche veritiera. Qual'è la tua posizione a riguardo?
Siamo stati tutti bambini, è un momento speciale della vita, per lo più innocente e felice, ma purtroppo ci sono storie che vanno al contrario e che si trasformano in infelicità. Credo sia molto facile disturbare quando il protagonista è un bambino, che sia vittima o carnefice, e io amo infrangere i tabù e portare questa tema all'estremo, come ho fatto con i miei primi due film (Matar a Dios e La Mesita del Comedor)...
***ALLERTA SPOILER***
...in cui uccido due bambini in modi crudeli, che infliggono nello spettatore un gran turbamento.
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I tuoi lavori hanno uno stile quasi fiabesco, caratterizzato da atmosfere oscure, psicologiche e macabre, che amo profondamente. Un'unione affascinante di bellezza e inquietudine, che crea racconti enigmatici e complessi. Quali sono le tue ispirazioni artistiche?
Ho molti riferimenti di ogni tipo, ma credo che ci sia una cosa che mi influenza più di tutto, ed è il mio umorismo nerissimo. Amo il black humour e il politicamente scorretto, ma sono anche una persona che si pone molte domande sulla psicologia degli esseri umani. Mi piace quando la gente vede i miei film ed inizia a questionarsi sui vari aspetti della vita e del genere umano. Cerco di creare storie che mi piacerebbe vedere come spettatore e che in fondo hanno tutte parti autobiografiche in cui la morte è il soggetto principale.
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Nei tuoi film è sempre presente “quell’inghippo degli errori umani” che si trasformano in tragedia, portando inevitabilmente a conseguenze catastrofiche. Quanto è importante per te inserire elementi comici nei tuoi film? È più un modo per giocare crudelmente con lo spettatore o per alleggerire la visione?
Come già menzionato, amo l'umorismo nero - nella vita reale e al cinema - e quando scrivo un soggetto, non posso evitare di inserire elementi di dark comedy. È una cosa inevitabile. Vi invito a farvi una birra con me e vi accorgerete che questa è la mia vera personalità, non posso fare a meno di scherzare su ciò su cui non si dovrebbe scherzare e su tutte quelle cose considerate macabre.
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La spettacolarizzazione della violenza è ormai onnipresente: in televisione, sui giornali e nei social media. È un fenomeno che affascina e disgusta allo stesso tempo. Tuttavia, noi appassionati dell'horror ne riconosciamo e percepiamo il disagio emotivo, sperando che ciò possa diventare un punto di riflessione. Quali pensi siano le principali differenze tra chi cerca l'orrore nella vita quotidiana e chi lo osserva attraverso la lente cinematografica?
Dico sempre che sono più uno spettatore che un regista. Sono anche una persona molto attenta e vedo che questo mondo sta andando a rotoli. Siamo una società altamente malata, e per di più siamo stati divorati dai cellulari e dai social network. Oltre ad essere governati da disgraziati senza scrupoli, da cui ci facciamo dominare impassibili, perché siamo una società incapace di ribellarci.
Siamo sempre meno autentici e sempre più mediocri. Come potete vedere, non sono molto positivo su ciò che osservo nel mondo, ma suo malgrado, è un'ottima fonte di ispirazione per i film horror.
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Ci puoi parlare dei tuoi progetti futuri? Che cosa possiamo aspettarci dopo l’enorme successo di “La Mesita del Comedor”?
Sto portando avanti quattro progetti contemporaneamente, e sono alla continua ricerca di fondi per poterne realizzarne almeno uno. Sono progetti che necessitano di un budget molto più elevato rispetto al mio ultimo film, e spero che possano vedere la luce perché saranno qualcosa di veramente inquietante e terrificante.
Qui di seguito vi lascio i link dove trovare "Caye Casas" su IG:
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