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Papaya dei Caraibi


Film del compianto Joe D’Amato, primo “capitolo” di una serie di 8 pellicole girate dal regista tra il 1978 e il 1981, il così detto “periodo esotico-erotico”, da cui sono susseguiti film come Porno Holocaust, Orgasmo Nero e Le Notti Erotiche dei Morti Viventi.


Papaya dei Caraibi è un film low budget girato in pochi giorni, senza per questo perdere quel fascino e quella maestosità di produzioni più costose. Uno dei tanti film in grado di rendere l'idea delle capacità di D’Amato. Questo film presenta tutte le caratteristiche dei film posteriori: l'ambientazione esotica, l'erotismo che incontra l'horror e una particolare attenzione per i riti voodoo tipici dei luoghi.



Visivamente ne esce un buon prodotto, recitato discretamente e con un’ottima fotografia che evoca perfettamente il mondo caraibico.


L’inizio del film non lascia trasparire nulla di buono e parte a bomba con un’evirazione a un malcapitato da parte della bella Papaya, nativa del luogo, che già lascia trasparire il messaggio anti-colonialista che il regista vuole trasmetterci e questo segnala quanto il buon Joe si schierasse con i deboli, gli umili e coloro che chiedono solo di vivere in modo semplice e di non sottostare al progresso tecnologico e lucroso del mondo occidentale, non rispettoso di quelle modalità di vita che rigettano la logica del pensiero consumistico.



Un film violento-non violento, che legittima la violenza quando è provocata da altra violenza, come estremo rimedio per cercare di riequilibrare l’alterazione causata da chi irrompe e vuole imporre il suo suprematismo economico ad una società che ha trovato nelle sue radici e tradizioni un modo semplice ed onesto di vivere.

Un film che a quasi quarant’anni di distanza dalla sua uscita riesce ancora ad affascinare e farci riflettere sul mondo moderno e la sua continua smania di intaccare ciò che dovrebbe essere lasciato libero e selvaggio.

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