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Infinity Pool



Cronnenberg Jr. Ci porta in un mondo dove le regole non esistono interrogandoci su cosa sappiamo della decadenza umana.


A suo malcapito il paragone con il padre è inevitabile, anche perché i temi trattati sono spesso molto simili, sebbene Brandon è stato capace di discostarsi da una figura cosi ingombrante e maestosa, creandosi una sua identità e una credibilità non facile da raggiungere. I suoi film sono un chiaro riferimento ispirazionale al padre, ma c’è anche un certo non so che di lynchiano nel suo lavoro. Due dei registi più controversi e “malati” del cinema Hollywoodiano. Io li amo entrambi, senza ma e senza se!!!



Questo Infinity Pool non è stata impresa facile ma sa trasportati nel suo mondo distopico dedito all’edonismo e all’appagamento personale attraverso la crudeltà insensata. Il tutto avviene all’interno in un resort vacanza, in un luogo chiamato “La Tolqa” dove le regole sembrano non esistere, o sarebbe meglio dire che vige la legge dell'occhio per occhio, almeno per quanto riguarda gli omicidi, con conseguenze discutibili e liberatorie, se cosi le possiamo definire.


Qui l'assassinio viene punito con l’esecuzione da parte del figlio della vittima. Ma, c’è un ma...Per scampare alla morte, una società segreta? offre una via di fuga proponendo allo sventurato la possibilità di creare un suo clone che verrà giustiziato al suo posto.



Inquietante è dir poco, ma ecco che qui la trama inizia ad affrontare i temi delle identità trasferite con una tattilità appiccicosa che mantiene le cose viscerali piuttosto che cerebrali, creando in noi un quesito su chi sia chi e cosa sia reale e cosa non lo sia.


Un gioco perverso e crudele che guarda con occhio critico alle ricerche scientifiche sul corpo senza tralasciare il lato psicologico che questo può innescare, facendoci trasportare in un vortice di allucinazioni, droga, orge e violenza allo stato puro.



Il film solleva alcune interessanti domande sull'esistenza, in quanto James e la sua corte contemplano cosa significhi avere un clone con tutti gli stessi ricordi ”originali”, ma che ha comportamenti e strade di pensiero proprie.


Un’aspetto che si può rispecchiare nel viaggiatore moderno, ove si reca in posti dove vigono regole feroci nei confronti dei trasgressori (la Thailandia, solo per fare un’esempio), ma che indifferenti a queste leggi e alla dignità umana si sentono padroni del mondo alla ricerca di emozioni forti per scappare dalla noia e dalla frustrazione della vita moderna che ci impone un decoro, una facciata che siamo tenuti ad indossare per sopravvivere nella società perbenista in cui viviamo; creando cosi mostri e perversioni nelle nostre menti, che in qualche modo cercano la loro via verso la libertà.



Questo film mi ha ricordato un libro che ho amato, ma anche odiato per quanto sia freddo e crudele; “La Piattaforma” di Michel Houellebecq. Dove una pseudo coppia parigina annoiata, dopo una vacanza in un resort in Thailandia, progetta un luogo dove ogni pervertito possa abusare di fanciulli per il solo piacere personale.


Il disgusto umano non ha fine e si spingerà sempre oltre i confini della decenza se non fermiamo questo delirio di oppressione dell’individualità e dell’espressione dell’io, obbligandoci ad indossare una maschera, cosi come fanno i protagonisti del film nei momenti più brutali.



Posso dire con fermezza che questo è il migliore film del 2023. Io ormai orfana dei film di Lynch, ho rivissuto con questo film le stesse emozioni e trip mentali che solo lui sapeva darmi. Lode a Brandon Cronenberg per l’imponente lavoro.

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